Giuliana Montagnin, triestina, è stata l'unica donna iscritta alla gara di 24 ore su strada nella bella manifestazione milanese, organizzata all'interno del Parco Nord dal Road Runners Club Milano, nel quadro delle celebrazioni del suo quarantennale di vita, tra l'11 e il 12 giugno.
Il risultato femminile nella 24 ore è stato scontato: ha vinto Giuliana Montagnin unica donna presente.
Giuliana, in ogni caso, proprio perchè era l'unica donna, ce l'ha messa tutta per andare un po' oltre quelle che, di massima, erano le sue attese. Il suo obiettivo era raggiungere i 115 percorsi nelle 24 ore: lo ha realizzato attorno alla 23^ ora e, nell'ultima ora di tempo che le rimaneva, ha cercato di aggiungere qualche chilometro in più.
Una corsa solitaria la sua, senza avversarie: ma, in questo caso, si dice "Peccato per chi non c'era!".
E Giuliana Montagnin c'è stata a questa prima edizione della 24 ore di Milano.
Di seguito il suo racconto, con alcune interessanti notazioni finali, sul senso di spaesamento e di derealizzazione - lieve come un'ebbrezza o come la sottile persistenza di uno stato estatico della mente - che, nell'esperienza di Giuliana che ce ne parla persiste per due o tre giorni dopo il termine di una gara di endurance di questa durata.
(Giuliana Montagnin) Tra l’11 e il 12 giugno, ho partecipato alla 24 ore di Milano nel Parco Nord.
Per me è stata un’altra esperienza positiva: le condizioni meteo non sono state tra le migliori però le ho preferite, rispetto ad un caldo torrido. Due violenti nubifragi si sono scatenati durante la gara, uno poco dopo la partenza ed uno nel tardo pomeriggio. A tratti, spuntava fuori il sole ed il caldo si faceva sentire: possiamo dire di aver provato tutte le stagioni nell’arco di quelle “24 ore”.
Il percorso è risultato bello e vario in mezzo alla natura; lo staff ci ha assistito in modo encomiabile per tutto il tempo ed era ben organizzato anche il punto di ristoro.
Io non ero in ottima forma per una gara del genere, a causa di un leggero fastidio ad una gamba dovuto ad un piccolo infortunio non mi dava tregua: è solo correndo piano che riuscivo a convivere con il dolorino ed è per questo motivo che avevo optato per la “24 ore” che mi avrebbe consentito un’andatura più lenta e con pause più lunghe.
Credo che nell’arco delle 6 ore non avrei ricoperto 42,195 km.
Avevo sentito parlare di questa gara già in febbraio, e la mia decisione è stata immediata: VOGLIO FARLA, - ho detto a me stessa - non farò un chilometraggio eccezionale ma voglio fare come al solito una figura dignitosa.
Fin dai primi chilometri mi sono accorta che sarebbe stata dura: perciò, ho preso un ritmo tranquillo, decidendo di continuare così a corricchiare, alternando il cammino, il più a lungo possibile.
Mi è sembrata una buona idea di correre nel tratto di sterrato e nel tratto di sottile ghiaia piuttosto che sull’asfalto, credemdo che sarebbe stato meno traumatico per la gamba, ma ben presto ho dovuto ricredermi: sullo sterrato poteva andar bene, ma sulla ghiaia era un disastro, perché entrava la sabbia nelle scarpe.
All’inizio non sembrava, in quanto non si trattava di sassi grossi, eppure dopo qualche giro si cominciava a sentire il fastidio. Con il passar delle ore inevitabilmente i piedi si sono andati gonfiando e lo sfilarsi e il rinfilarsi le scarpe non era agevole: ho deciso perciò di cambiare strategia e, cioè, ho preso a correre sull’asfalto ed è risultata subito una buona idea.
Durante il nubifragio ho continuato imperterrita. Mi andavo dicendo: “O proseguo così o non ce la farò a concludere i 115 km che mi sono proposta di percorrere,come minimo”.
Fino a tarda notte mi sono sentita fortissima, senza crisi, né di stanchezza né di sonno, poi inevitabilmente ho preso a sentirmi un po’ provata.
Sono stati molto utili gli incoraggiamenti al passaggio del punto di ristoro: qui, mi rifocillavo a dovere ogni volta ne sentivo la necessità e ripartivo; non mi sono mai fermata, tranne una ventina di minuti o poco più per un massaggio, che mi ha giovato soprattutto per la schiena. Non l’avevo più dolorante e sono ripartita, sentendomi più sciolta e le gambe più leggere.
Controllavo sempre l’orologio e, mentalmente, facevo i calcoli di quanta strada ancora mancava. Conclusione: mi sono accorta che non c’era margine per riposare. Quindi ho proseguito, distendendomi solo un paio di volte – e per pochi minuti - su una panchina lungo il percorso.
Una volta portati a termine i 115 km mi son sentita più sollevata: ancora mancava meno di un’ora al termine della gara e le crisi di sonno sembravano scomparse. Così, sono andata avanti, con più grinta, perché mi sentivo addosso come una responsabilità, in quanto essendo l’unica donna - la vittoria era mia per mancanza di avversarie - volevo fare a quel punto qualcosa di più, mettendocela tutta, poiché non mi sembrava dignitoso starmene seduta su una panchina ad attendere la fine della gara. Dopo tutto, stavo bene ed ero soddisfatta.
Ora, vorrei fare una considerazione riguardo i primi 2 o 3 giorni post-gara - intendo una 24 ore - non so gli altri, ma io mi sento come in un’altra dimensione, mezza stordita. Esco, vado a lavorare o in palestra a fare cyclette con ritmi molto blandi e mi pare di trovarmi ancora in un’altra città… Mi guardo attorno e vedo amici e conoscenti della gara, su una panca a far addominali, vedo quel ragazzo con i calzettoni bianchi immacolati (con quel fango?!) che mi doppiava, al vogatore vedo Antonello: un altro ultramaratoneta a cui vorrei chiedere: Ma non c’eri a Milano? E che dire di quel signore che incrocio ogni mattina andando a prendere l’autobus, è uguale a Gregorio, ha uno sguardo indagatore, anche perché ci conosciamo di vista: lavora presso uno studio radiologico, e par che chieda come un padre confessore: Quante palline di profitterole hai mangiato ieri sera?
Tale stordimento per fortuna non pregiudica affatto la mia attività lavorativa è solo una sensazione di estasi, in genere già il mercoledì mi sento normale.
Quando si avvicina la data della partenza della prossima gara lunga di nuovo mi capita questa cosa particolare: un giorno ho visto nientemeno che il mitico Kouros che mi doppiava in costiera! Sarei curiosa di sapere se anche gli altri per un paio di giorni sono così… un po’ frastornati.
Vedi anche sulla 24 ore di Milano
24 ore di Milano+6 ore (1^ ed.). La 24 ore di Milano nel racconto di Gregorio Zucchinali
24 ore di Milano+6 ore (1^ ed.). Qualche parole sulla staffetta 24x1 ora dedicata ai non vedenti
24/6 ore di Milano (1^ ed.). Il racconto di Ettore Comparelli (associato del RRCM)
24/6 ore di Milano (1^ ed.). La vittoria della 24 ore al pugliese Vito Intini
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