(Maurizio Crispi) Riallacciandomi a quanto scritto di recente su questo magazine, la corsa dovrebbe essere oltre che un mero esercizio fisico, anche una forma di disciplina mentale. Bisognerebbe imparare a correre sempre "in presenza mentale", senza lasciarsi prendere da desideri smodati o irraggiungibili.
Correre per essere - piuttosto che per avere, possedere, fare di una meta un must irrinunciabile -abbandonando il desiderio e coltivando la nostra presenza in ciascun momento della nostra corsa, assaporandolo, senza essere presi dal bisogno irrefrenabile di limare la nostra prerstazione o di arrivare alla fine della strada il più velocemente possibile, anche se ciò comporta uno sforzo che va al di là del ragionevole oltre le nostre forze.
E, del pari, sapersi fermare quando è necessario, arrivando al traguardo anche camminando, ma sempre in letizia e gioia, senza stress e senza logorii interiori.
La corsa come ogni altra forma di sport, perde il suo significato interiore, se la viviamo come una "lotta", co qualcosa che ci fa vivere in "preoccupazione", più che aiutarci a rilassarci e a distenderci, migliorando il nostro equilibrio psico-fisico.
Se imparassimo a viverla come una forma di preghiera, probabilmente potremmo stare molto meglio.
Sul sito della Compagnia dei Canmmini si legge: "Passiamo gran parte della nostra vita passando da una preoccupazione all’altra. Ora è per questo problema, ora è per quell’ansia, risolto una se ne aggiunge un’altra. E lo stress aumenta, mente e corpo si debilitano.
Il cammino ci aiuta a vivere in presenza mentale. Nel qui e ora ansie e preoccupazioni svaniscono, si relativizzano. Nel qui e ora impariamo che pre-occuparci è una contraddizione in termini, perché è molto più funzionale “occuparsi” che “pre-occuparsi”.
Il Deep Walking o cammino profondo è nato per aiutare le persone a utilizzare il camminare come strumento di consapevolezza".
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