Pochi giorni fa è stato pubblicato su podisti.net un articolo di denuncia sui "presunti" tagliatori della Maratona di Reggio Emilia (dal titolo: Ami tagliare? Reggio Emilia ti premia ..).
L'articolo è accompagnato da una doviziosa documentazione fotogarafica degli "ignobili" tagliatori (anche se appaiono - bontà della redazione - con il volto oscurato ad arte, ma è poca cosa, perchè dal numero di pettorale in tutta evidenza, chiunque - compulsando le classifiche che sono pubbliche - può agevolmente risalire all'identità dei malfattori).
Questa non è una novità.
Da sempre Podisti.net si arroga il diritto di denunciare pubblicamente i tagliatori, pur non essendo investito di alcun compito indagatorio da parte di chi amministra la giustizia sportiva.
La linea seguita dalla redazione - come si evince dal tenore di questo e di precedenti articoli - è quella secondo cui i tagliatori sono delle persone che indulgono ad un comportamento ignobile ed esecrabile e che, per questo motivo, devono pagare dazio (eventuale squalifica, grazie ai segugi di podisti.net e pubblico ludibrio: ieri c'era la gogna, oggi ci pensa internet).
Lo zelo di podisti.net, nel perseguire questa linea, è discutibile.
Innanzitutto, perchè nell'esporre in tal modo delle persone (per quanto tagliatori siano, sempre di persone si tratta) compie una grave scorrettezza perchè apre la via al disprezzo e al linciaggio morale. In secondo luogo, perchè questa linea non contribuisce minimamente a rendere meno pressante questo problema (che c'è, indubbiamente). In terzo luogo, strettamente legato al secondo, Podisti.net cavalca la cresta del facile consenso scandalistico, senza fornire il benchè contributo sociologico alla spiegazione del fenomeno, né suggerire delle strategie efficaci per arginarlo.
Dai commenti inseriti da alcuni dei diretti interessati (a discolpa, ovviamente), s'intuisce che ogni caso segnalato di "tagliatore", può avere una storia a se stante.
Annosa questione quella dei "sarti" delle maratone che, di fatto, mettono in atto una "frode" sportiva che, per alcuni versi è assimilabile al doping (ed è, tra l'altro, un comportamento che ingenera in chi lo adotta una specie di dipendenza mentale, tanto da spingere alla iterazione: chi l'ha fatto una volta, tenderà a ripetere il proprio delito) e altrettanto odiosa, agli occhi dei podisti "onesti".
Sono pienamente d'accordo che, di tale fenomeno, se ne discuta, ma certo non si risolve (né si risolverà mai) mettendo all'indice chi - con disinvoltura - persegue simili comportamenti.
Mettere all'indice equivale, dal punto di vista dell'informazione, ad alimentare forti pregiudizi, a stigmatizzare e ad invitare i lettori indignati ad adottare atteggiamenti e misure di linciaggio morale.
E il linciaggio morale, fomentato dal verbo del "Sbatti il mostro in prima pagina", non è mai una pratica civile e di cui essere fieri.
I tagliatori, i furbetti, in definitiva si puniscono da sé, mettendosi al di fuori dei podisti onesti e molti di loro come i "bugiardi patologici", lo fanno sospinti da una patologia intrinseca.
Bollarli con il marchio dell'infamia non serve a niente.
Perseguire la via della denuncia diffamatoria potrebbe anche avere delle conseguenze sull'equilibrio psichico degli individui messi all'indice: quindi, c'è anche in ballo una forte responsabilità morale di chi si mette nella posizione di giudicare.
E questo va tenuto nel debito conto e dovrebbe invitare coloro che gestiscono uno strumento d'infomazione ad attenersi ad una linea di maggiore prudenza.
E, inoltre, per concludere, ricordiamoci sempre dellla massima biblica che dice Chi è senza peccato scagli la prima pietra!
Vedi anche
scrivi un commento …